Case Chiuse, di Luca Rigamonti

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ClaPG
view post Posted on 16/9/2008, 17:48




Cinquant'anni fa addio case chiuse


Storia dei postriboli e dell'abolizione
Cinquant'anni fa, il 20 settembre 1958, le "case chiuse", che fino ad allora "chiuse" lo erano state solo di nome, lo diventarono anche di fatto. Perché, alla mezzanotte della notte tra il 19 e il 20 settembre, entrò in vigore la legge Merlin che, approvata sette mesi prima dal Parlamento, decretava l'abolizione dei bordelli. Davanti a molti lupanari si festeggiò, con falsi funerali, la morte della prostituzione di Stato, mentre all'interno i clienti abituali si godevano (non senza una certa ressa) l'ultima notte di un mondo che sarebbe sopravvissuto solo fino alle 23.59. Alla mezzanotte del 20, anniversario della presa di Porta Pia, tutto doveva essere finito: le "aziende" liquidate, le "signorine" licenziate.

La storia delle case di tolleranza in Italia
La chiusura dei postriboli segnò non solo la fine di un'epoca, ma anche quella di una storia millenaria. Le case di piacere, strutture dove esercitare il mestiere più antico del mondo, in Italia esistevano infatti sin dall'antica Roma: si chiamavano "lupanari", perché in latino il popolo indicava le prostitute come "lupe" (un termine poi ripreso da Giovanni Verga ne "La lupa"). Per altri 1.850 anni tutto continuò a svolgersi senza scossoni: lo Stato continuò a disinteressarsi di quello che succedeva all'interno dei postriboli, dove gli affari andavano sempre a gonfie vele anche in tempo di crisi e carestia.

Bisogna arrivare al 1859 perché si trovi traccia dell'interessamento delle autorità ai bordelli: è la data di un decreto di Cavour in risposta a una richiesta di Napoleone III perché ai suoi soldati, impegnati ad appoggiare la seconda guerra d'indipendenza dei sabaudi contro l'Austria, venissero assicurati luoghi "sicuri" dove prendersi "il riposo del guerriero". E così il conte autorizzò l'apertura, in Lombardia, di alcune "case" controllate direttamente dallo Stato.

Quel decreto fu poi convertito in legge, e il 15 febbraio 1860 venne emanato il "Regolamento del servizio di sorveglianza sulla prostituzione": una data che segna ufficialmente la nascita delle "case di tolleranza", così chiamate perché la loro esistenza era "tollerata" dallo Stato. I bordelli venivano suddivisi da questo regolamento in 3 categorie, per ognuna delle quali era lo Stato a fissare le tariffe: 5 lire per le "case" di lusso, da 2 a 5 lire per quelle di medio livello e 2 lire per quelle "popolari". Inoltre veniva stabilito che i tenutari fossero obbligati a pagare le tasse sugli introiti e che per poter aprire un postribolo fosse necessario ottenere una licenza apposita.

Nascono le "case chiuse"
Nemmeno trent'anni dopo, nel 1888, la vita all'interno delle case di tolleranza era di nuovo in discussione in Parlamento: non perché a qualcuno fosse venuta in mente la possibilità di chiuderle (a qualcuno, in realtà, sì, ma si trattava di voci fuori dal coro) quanto sull'opportunità che nei postriboli, oltre al sesso, fossero venduti anche cibi e bevande. E così tra la destra conservatrice (che voleva vietare la vendita) e la sinistra liberale (che invece era favorevole) si accese una ferocissima battaglia.

Se l'onorevole Vigoni, conservatore, ricordava con orrore della sua visita al "Babi", una delle più famose case di tolleranza di Torino, spiegando che l'atmosfera "già appesantita dal lezzo delle pratiche vergognose e dal fumo dei sigari era pressoché irrespirabile per via del cattivo odore esalante da quella mescolanza eterogenea di cibarie aggiunto ai fiati carichi di vino, di grappa e di rum, assommati al sudore dei corpi". E, orrore nell'orrore, degli uomini presenti molti erano "forse promessi sposi a una casta fanciulla. Alcuni perfino mariti e padri!". Immediata la replica del riformista Felice Cavallotti, il quale, pur riconoscendo che "il piacere venduto in quelle case è assai relativo" poiché non è certo amore, spiegava come "togliere perfino la possibilità di un onesto bicchiere di vino, di uno spuntino, di una chitarra e di un canto, significa davvero ridurne la funzione a quella di brutali sfogatoi della libidine popolare".

Alla fine la spuntò la destra, e la legge Crispi vietò di vendere cibi e bevande, di tenere feste, di cantare e di ballare. Divenne inoltre obbligatorio (e da qui il nome utilizzato fino ad oggi) tenere sempre chiuse le imposte delle finestre, in modo che i passanti non fossero turbati dallo spattacolo dell'interno. Infine, la legge del 1888 fissò modi e tempi dei controlli medici da effettuare sulle "signorine" per evitare la diffusione delle malattie veneree.

Nel 1891 un altro intervento statale, quello del ministro dell'Interno Giovanni Nicotera, modificò il tariffario delle case chiuse: la crisi e l'inflazione, infatti, avevano reso impossibile per le classi meno abbienti affrontare la spesa di 2 lire (lo stipendio medio giornaliero di un operaio si aggirava intorno alle 3 lire), dando nuovo slancio alla prostituzione "libera" (e più economica) ma anche alla diffusione di quelle malattie veneree che l'istituzione delle case di tolleranza si proponeva di combattere. Ecco quindi che le tariffe vennero riviste al ribasso: la minima venne dimezzata e diventò di 1 lira, ulteriormente scontata a 70 centesimi per i sottufficiali. In compenso vennero aumentati i prezzi delle case di lusso, dove la tariffa passo da 5 a 7 lire.


La battaglia per la chiusura
Per i successivi sessant'anni le case di tolleranza continuarono a prosperare, tra alti e bassi, nonostante due guerre mondiali e qualche sporadico e debole tentativo moralizzatore (quello del presidente del Consiglio, Giuseppe Saracco, nel 1900 e quello di Filippo Turati nel 1919) avesse cercato di abolirle. Ma nel 1948 iniziò la battaglia, durata un decennio, della senatrice socialista Lina Merlin: dopo la Seconda Guerra mondiale, infatti, quasi tutti i Paesi europei avevano abolito la prostituzione di Stato, compresa, nel 1946, la Francia che ne era stata l'inventrice. Resistevano solo l'Italia e la Spagna franchista. La Merlin, eletta membro della Costituente nel '46 e prima donna a sedere in Senato nel '48, riprese immediatamente una battaglia che aveva intrapreso prima del Ventennio nel suo Veneto. Per dieci anni lottò disperatamente per far approvare la sua legge, quella che imponeva l'abolizione delle case chiuse. Venne minacciata di morte, dovette vivere per un periodo in clandestinità, ma non si arrese. Dopo un decennio nel quale non si stancò di spiegare che lei non aveva nessuna intenzione di abolire la prostituzione, perché non si può abolire "il mestiere più vecchio del mondo, che morirà con il mondo", ma solo di cancellare la regolamentazione del metetricio da parte dello Stato, "una vergogna solo nostra tra i Paesi moderni", riuscì nella sua impresa. E la mattina del 20 settembre 1958 si fece fotografare mentre apriva le persiane di una casa chiusa, chiudendo così un'epoca.

Luca Rigamondi



Case chiuse, dopo esservi letti un po' la storia di questa realtà, cosa ne pensate? Sarebbe sbagliato "riaprirle"? In questi giorni intanto il ministro per le pari opportunità Carfagna ha stabilito attraverso un decreto ministeriale che la prostituzione è un reato, con pene severe per clienti e prostitute stesse.
Sei d'accordo con questo decreto ministeriale? A voi la parola!

 
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LaBimba
view post Posted on 2/12/2008, 23:09




Secondo me toccherebe riaprirle. Certi spettacoli sulle strade a una certa ora sono indecenti. E comunque è giusto consierare la prostituzione alla stregua di un qualsiasi altro lavoro, e che si paghino perciò le tasse..
 
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<<<Franz>>>
view post Posted on 3/12/2008, 00:38




pensate quanto sarebbe bello andare al percorso verde di sera... ma non si può! io le riaprirei...
 
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LaBimba
view post Posted on 4/12/2008, 19:33




eggià! brutto, vero? o via settevalli.. Dopo le undici diventa zona off limits..
 
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pistone antonino
view post Posted on 20/8/2010, 11:32




Nella discussione sulle case chiuse,vorrei sottolineare che ho vissuto questa esperienza durante la vita militare che arrivato a Taranto il 4 settembre del 58 il 20 settembre il Comando Marina diede la possibilità di anticipare i giorni del C.A.R.,per partecipare a questo storico evento.Ne conseguì che:in tutta Italia sono state chiuse il 20,mentre a Taranto sono state chiuse tre giorni dopo il 23.Eravamo in quei giorni 20.000 marinai per la presenza della flotta.Sono stati giorni tristi e nello stesso tempo di allegria e solidarietà tra noi e le "signorine"di cui ci dispiaceva interrompere i rapporti.Le case vanno riaperte e controllate. Antronino.Ciao a tutti.

o.k. ciao
 
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4 replies since 16/9/2008, 17:48   1664 views
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